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Processo di Norimberga: il ruolo degli interpreti, a ottant’anni di distanza
Il processo di Norimberga ha segnato una svolta epocale e non soltanto dal punto di vista storico-giuridico.
Svoltosi a stretto raggio dalla fine del secondo conflitto mondiale, per la precisione dal 20 ottobre 1945 al 1° ottobre 1946, nella cornice del Palazzo di Giustizia di Norimberga, città simbolo del nazismo, è stato condotto da parte degli Stati vincitori attraverso un tribunale militare costituito per l’occasione.
A ottant’anni di distanza dalla fine, ripercorriamo sia le tappe della nota vicenda giudiziaria, sia il ruolo determinante degli interpreti.
Perché quella che andò in scena nelle aule di Norimberga fu una battaglia, ma a suon di parole: ecco perché soffermarsi sull’aspetto linguistico porta con sé riflessioni che vale la pena ripercorrere, mai scontate e ancora molto attuali.
Il processo di Norimberga: la vicenda storica
Ripercorriamo le tappe del processo di Norimberga, così da contestualizzare la vicenda dal punto di vista storico:
- il processo di Norimberga prese forma per iniziativa del Presidente degli USA: Truman conferì l’incarico di organizzarlo al Presidente della Corte Suprema Robert Jackson. Fu proprio lui a optare per la scelta di comunicare tramite interpreti;
- il processo di Norimberga non fu il solo avviato su iniziativa degli USA dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ne intercorsero anche altri 12;
- 20 novembre 1945: data ufficiale di inizio del processo. Sotto accusa, 24 gerarchi nazisti. Questi i reati contestati: crimini di guerra; crimini contro la pace; crimini contro l’umanità; scatenamento di una guerra di aggressione;
- tra gli imputati vi furono i ministri Göring e Ribbentrop, i generali Jodl e Keitel, e il comandante delle SS Kaltenbrunner. Mancavano diversi capi del nazismo: non furono processati perché suicidi al termine della guerra. Tra questi figurano Hitler, Goebbels e il capo delle SS Himmler;
- durante il processo l’accusa fornì tantissime prove, in particolare video e fotografie riguardanti i lager del Reich e i racconti dei testimoni sopravvissuti;
- i codici del tempo non contemplavano diversi reati, ma si colmò la lacuna giuridica con principi di legittimità morale;
- 30 settembre 1946: la corte si espresse condannando a morte 12 imputati. Tre imputati furono assolti, due scamparono la condanna a causa di problemi di salute/morte. Sette imputati furono condannati a pene detentive che scontarono nel carcere di Spandau a Berlino;
- le esecuzioni del processo di Norimberga si tennero il giorno successivo, il 1° ottobre 1946, eccetto quella di Göring, suicidatosi in cella; Bormann venne condannato in contumacia.
Il ruolo degli interpreti durante il processo di Norimberga: la centralità dell’aspetto linguistico
Partiamo dalle lingue che caratterizzarono il processo di Norimberga.
Le udienze si tennero in inglese, tedesco, francese e russo, idiomi tradotti attraverso la tecnica dell’interpretazione simultanea. Se oggi si tratta di un metodo piuttosto comune e diffuso, all’epoca non lo era: i professionisti che operarono a Norimberga furono dunque dei pionieri.
Nella fattispecie, i giudici e gli avvocati dell’accusa padroneggiavano inglese, francese e russo. Gli avvocati della difesa e gli imputati comunicavano in tedesco.
Il lavoro degli interpreti fu imprescindibile per lo stesso sussistere della comunicazione tra le parti e per la corretta divulgazione di quanto espresso.
Qualcosa che non fu privo di difficoltà: il linguaggio del nazismo era (ed è ancora oggi) difficile da tradurre per il suo stesso retroscena socio-culturale.
La traduzione simultanea non fu impegnativa soltanto dal punto di vista della terminologia, ma per le caratteristiche della situazione, dando voce a qualcosa che oggi conosciamo, ma all’epoca no. Bisogna infatti pensare che ai tempi si sapeva poco dei crimini nazisti, della Shoah in particolare: c’era un lessico tutto da creare.
C’è poi da dire che buona parte degli interpreti del processo di Norimberga erano stati oggetto di persecuzioni razziali e politiche, vissute in prima persona e/o indirettamente (a essere colpiti erano spesso i familiari).
La loro fu dunque una missione e ricorda, oggi come allora, che la memoria passa dalla scelta accurata di ogni singola parola.
Cosa ci insegna il processo di Norimberga in merito al lavoro degli interpreti
Il processo di Norimberga è stato a suo modo rivoluzionario nell’ambito dell’interpretariato prima di tutto perché fu una delle prime volte che venne utilizzata la tecnica dell’interpretazione simultanea.
Inoltre, porta a riflettere sull’importanza per le persone di potersi esprimere con la lingua in cui si sentono più a proprio agio, così da illustrare in maniera più aderente al vero le proprie posizioni.
Infine, mostra la complessità del lavoro degli interpreti e la crucialità di saper lavorare in team. Una competenza, quest’ultima, che i soci AMI, i quali sono tutti membri dell’unica associazione di categoria per gli interpreti di conferenza (AIIC), reputano fondamentale.
Ti piacerebbe approfondire? Contatta AMI al numero 02 86 45 04 62 o alla mail ami@milanointerpreti.net
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